Il Progetto C.A.S.A (Cosa Accade Se Abitiamo) nato a Frontignano di Ussita nelle Marche crea uno spazio di socialità e partecipazione e rappresenta una possibile via contro lo spopolamento e per la rivitalizzazione dei piccoli centri colpiti dal terremoto. Ne ho parlato con la fondatrice Chiara Caporicci nell’ambito della Campagna “Sicuri per davvero” di Action Aid
“A nostro avviso è importante che i territori – e i legami sociali che li animano – debbano essere ricostruiti con il contributo di chi ci vive. La partecipazione è importante perché consente di riappacificarsi con i luoghi che fanno parte della loro identità dopo uno strappo, una ferita.”
Chiara Caporicci vive a 1350 metri di altitudine a Frontignano, frazione di Ussita in provincia di Macerata, colpito nel 2016 dal terremoto. Il suo impegno per la ricostruzione del borgo nel parco dei monti Sibillini guarda alle ferite lasciate nella testa e nel cuore dei suoi concittadini, e alla ricostruzione di quelle reti sociali vitali per i piccoli centri.
“Con l’associazione C.A.S.A. – Cosa Accade se Abitiamo, nata dopo gli eventi del 2016 e 2017, ci occupiamo di ricostruzione immateriale, sociale utilizzando la contaminazione culturale, le discipline artistiche e la partecipazione”.
Non il solito spazio culturale ma un luogo dove far convergere le idee e le energie per riattivare la partecipazione, per rinnovare lo scambio di esperienze che genera novità su un territorio in gran parte ormai spopolato. Nata dall’incontro di sette giovani riunitisi per aiutare nel dopo terremoto, “C.A.S.A.” ha documentato i fatti di quei mesi, portato aiuti e infine creato uno spazio dove ritrovarsi.
Una casa aperta alla residenzialità con una biblioteca, spazi favorire l’incontro di artisti, scienziati, letterati e la nascita di progetti per far dialogare il territorio con l’esterno. Come quello della guida “non turistica” “Ussita – Monti Sibillini” realizzata con il contributo e le storie delle persone del territorio per attirare un turismo consapevole.
“Grazie a Sineglossa e River run raccontiamo non solo le bellezze del luogo ma anche la storia, la vita e le visioni di Ussita, per rappresentare passato, presente e futuro di un territorio – ha spiegato Chiara – la guida serve anche a far comprendere il terremoto come parte dell’identità di questi luoghi perché non è stata la natura cattiva a privarci del nostro paese ma è come noi lo costruiamo, come disse il vescovo di Rieti”.
Incontri organizzati con gli anziani e le altre poche persone rimaste a presidiare il territorio hanno permesso di condividere la memoria del luogo fino a far emergere le esigenze concrete sorte dopo il terremoto. I loro racconti sono stati riportati poi nella guida: un lavoro corale che testimonia la vita oggi in un luogo dove non passeggia più nessuno, non c’è più un bancomat né un medico di famiglia. Se oggi è ancora tutto fermo a Frontignano, la speranza per il futuro è tenuta accesa da esperienze come questa.
Pubblicato Su “La Protezione civile italiana” n.9-2020
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