Mauro Casinghini: “A Lampedusa Cisom presente tutto l’anno”

Mauro Casinghini: “A Lampedusa Cisom presente tutto l’anno”

Nel variegato mondo della Protezione civile c’è il Cisom, un Corpo di soccorso che fa parte di uno “Stato nello Stato”, dotato di una peculiare specializzazione, unica in Italia. Con 3500 volontari, 70 unità operative e 20 raggruppamenti regionali, il CISOM-Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta è una specialissima realtà del soccorso civile che opera a strettissimo contatto con le varie componenti della Protezione civile italiana ma con una vita autonoma in quanto appartenente a uno Stato e un ordine religioso antico come l’Ordine Gerosolimitano di San Giovanni di Gerusalemme, dalla storia lunga e affascinante.

Punta di diamante delle loro attività è in questo momento, ma non da oggi, l’emergenza umanitaria a Lampedusa, dove i continui sbarchi provenienti dal mediterraneo stanno mettendo a dura prova non solo gli immigrati, ma anche tutto il sistema del soccorso, della sicurezza e dell’accoglienza. Incontriamo nel suo studio di Roma il direttore nazionale del CISOM Mauro Casinghini, col quale entriamo subito nel vivo dell’attualità.

 

Dott. Casinghini, voi siete impegnati in prima linea a Lampedusa nell’emergenza sbarchi. Tra tutti i gruppi che si occupano di soccorso sanitario come avete fatto a essere presenti proprio voi?

Il nostro impegno sul mare di Lampedusa è iniziato ormai nella primavera del 2008, poco dopo la firma di un importante accordo con la Guardia Costiera proprio per il soccorso in mare. La nostra è infatti una specializzazione che arriva da lontano, direi che si fonde con le nostre tradizioni più antiche. La tradizione marinaresca, l’approccio umanitario e soprattutto l’abitudine a fornire cure e ospitalità a pellegrini e bisognosi ci derivano infatti dalle nostre origini medievali. A Lampedusa siamo presenti tutto l’anno e c’eravamo anche prima dell’inizio di questa grave fase emergenziale.

L’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, poi detto Ordine di Malta, nasce nel 1048 con l’obiettivo di realizzare un ospedale a Gerusalemme per accogliere i pellegrini in arrivo nella Città Santa. Il nostro percorso si evolverà nei secoli, ma oggi soprattutto in Italia posso dire orgogliosamente che le nostre attività di soccorso si sono armoniosamente riconnesse alle nostre tradizioni più autentiche.

In questo senso qual è oggi il vostro contributo all’emergenza di Lampedusa?

Il Cisom è oggi una delle componenti fondamentali del soccorso a Lampedusa. Siamo una presenza discreta ma abbiamo un ruolo fondamentale nel soccorso medico in mare. Lavoriamo insieme al ministero dell’Interno, al Dipartimento nazionale della Protezione civile e soprattutto, per quanto riguarda le operazioni di soccorso, con le motovedette di Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Sull’isola stanno operando 7 persone tra medici, infermieri e soccorritori sanitari specializzati che lavorano distribuiti nelle 24 ore con turni di circa 8-10 giorni, per un totale di circa 300 persone impiegate all’anno. I nostri volontari lavorano al fianco dei finanzieri e della Guardia costiera a bordo delle loro imbarcazioni che prestano soccorso alle imbarcazioni degli immigrati in arrivo. Le unità svolgono pattugliamento ma soprattutto soccorrono i barconi in difficoltà e li scortano verso i porti. Ad ogni contatto con un’imbarcazione, siano profughi o rifugiati, i nostri operatori sono in grado di accogliere le persone in difficoltà e prestare a ciascuno le primissime cure sanitarie, dopo un viaggio in mare durato anche 15 o 20 ore.

Che situazioni vi trovate ad affrontare?

Parliamo di gente stipata su piccole barche che spesso ha affrontato un mare inclemente per giorni. Uomini e donne a volte stremati dalla stanchezza che hanno viaggiato stretti, a volte in ginocchio, o che si sono feriti durante le concitate fasi della partenza o nel corso del viaggio. Alcuni sono in condizioni talmente precarie che per essere sbarcati dal loro battello devono essere necessariamente barellati. Abbiamo avuto anche donne incinte che non riuscivano a passare facilmente da una barca all’altra, altre con bambini piccolissimi al seguito, altre ancora a rischio di aborto cui è stato indispensabile garantire la giusta assistenza medica. I casi più frequenti parlano di persone in ipotermia anche grave, spesso con gli indumenti zuppi e, in molti casi, zuppi anche di carburante. Quest’ultima evenienza, oltre a provocare un abbassamento della temperatura corporea, comporta anche delle particolari ustioni ed il conseguente infettamento delle ulcerazioni della pelle

Tutti casi delicatissimi, da trattare uno ad uno.

In effetti questa è la nostra specialità. Siamo abituati a lavorare sul paziente nelle condizioni più difficili per fornirgli già in mare un primo soccorso. Questa è una capacità che ci è stata riconosciuta non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo. Abbiamo dei veri e propri medici-marinai messi a disposizione dell’emergenza.

Siete quindi un “unicum” nel panorama italiano del soccorso: che rapporto avete con il sistema di Protezione civile?

Il CISOM è perfettamente inserito nell’ambito del Sistema nazionale di Protezione civile. Dobbiamo ricordare che la nascita del moderno Sistema nazionale si intreccia anche intimamente con gli interventi prestati dall’Ordine di Malta nell’ambito delle più drammatiche calamità dello scorso secolo, dal terremoto dello Stretto del 1908, al Friuli e all’Irpinia. Proprio qualche mese fa il Ministro Zamberletti ricordava l’impressionante impatto operativo dell’Ordine di Malta dopo il terremoto del 1980, dove a Valva, in provincia di Salerno, fu organizzata un’imponente cucina campale per la cittadinanza.

Oggi il CISOM fa parte della Consulta delle Organizzazioni di rilievo nazionale presso il Dipartimento della Protezione civile e, per gli aspetti legati alle diffuse competenze regionali, abbiamo stretto specifici accordi con molte Regioni. Con loro viviamo la parte più interessante delle attività di Protezione civile, ovvero la dimensione legata al territorio in cui viviamo. Abbiamo molti Gruppi che, proprio per far fronte alle esigenze regionali e locali, sono specializzati in differenti ambiti operativi: la sorveglianza aerea per la prevenzione degli incendi boschivi, una unità navale sul Lago Maggiore, le unità cinofile, le squadre di lotta attiva agli incendi.

Per il futuro quindi quali sono le vostre prospettive?

Noi continuiamo nella nostra missione, che ha origini non soltanto storiche ma anche morali profonde. Credo che il nostro patrimonio di conoscenze, anche dopo la dura esperienza a L’Aquila, durata ben otto mesi e che ha coinvolto oltre novecento volontari, possa essere messo a servizio della collettività. Ritengo che la diffusione della cultura di protezione civile alla cittadinanza sia una delle maggiori scommesse per il futuro, su cui c’è tanto lavoro da fare. Mi riferisco ai cosiddetti “scenari nazionali” come l’area vesuviana e dei Campi Flegrei per il rischio vulcanico o come la Sicilia orientale per il rischio sismico, ma anche agli scenari locali, che purtroppo aumentano drasticamente ed inesorabilmente il numero delle vittime giorno dopo giorno.

Credo anche che vivere una dimensione internazionale, attraverso l’esportazione del modello italiano, arricchisca il mondo del volontariato ed il nostro Paese. Nei mesi scorsi, ad esempio, abbiamo avviato una collaborazione internazionale con la  protezione civile della Federazione Russa che, anche in vista delle prossime Olimpiadi invernali del 2014 a Soci, e dopo la scorsa stagione estiva con i terribili incendi, è interessata ad approfondire il nostro modello organizzativo. Poi c’è l’attività nazionale, a cominciare dalla prossima beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, che porterà nella Capitale migliaia di fedeli da tutto il mondo.

Ritengo, infine, che grande attenzione debba avere la formazione del volontariato. Su questo punteremo molto nel prossimo futuro, insieme all’implementazione della nostra capacità operativa in termini di mezzi ed attrezzature. Purtroppo i recenti tagli al fondo di protezione civile limitano la capacità di risposta dell’intero Sistema nazionale e la crescita del volontariato italiano, quel volontariato che è stato e che sarà determinante per il superamento delle tante situazioni di emergenza che colpiscono il nostro delicato Paese.

Francesco Unali

Pubblicato su “La Protezione civile italiana”, n. 3 aprile 2011

(fonte immagine: www.cisom.org/la-casa-dei-cavalieri.html)

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