Zamberletti: “Un’autorità politica per la Protezione civile”

Intervista a tutto campo al fondatore della Protezione civile italiana: dalla nuova legge all'assetto dell'antincendio boschivo, dal ruolo della Commissione Grandi Rischi al sostegno a iniziative recenti come la “Fire School Hospital

Zamberletti: “Un’autorità politica per la Protezione civile”

Onorevole Zamberletti, come vede in questo momento storico la nostra Protezione civile, lei che ne è considerato il padre fondatore?

In questi anni ci sono stati tanti cambiamenti ma lo schema è rimasto in piedi, nonostante alcune modifiche importanti. Quella che io vedo maggioramente è la mancanza di un vertice politico cui la Protezione civile possa fare riferimento all’interno del governo. Sono più di venti anni che alla Protezione civile manca un ministro senza portafoglio, figura che aveva il pregio di guidare le operazioni di coordinamento nell’ambito del consiglio dei ministri.

Quali possono essere le conseguenze di questa impostazione?

Una prova la abbiamo adesso con la nascita di Casa Italia e Italia sicura. Queste due strutture che atterrebbero alla responsabilità dei lavori pubblici per il dissesto idrogeologico e l’adeguamento antisismico dovrebbero fare riferimento alla Protezione civile per la valutazione delle priorità. Perchè non basta che le singole regioni abbiano una nota spese per gli interventi che vogliono fare. E questo è un elemento di indebolimento del sistema.

Oggi che le Regioni che hanno accumulato grande potere sui territori e i loro presidenti sono diventati importanti personaggi politici, quali cambiamenti comporta per la Protezione civile rispetto al passato?

Una volta la Protezione civile poteva prendere iniziative eccezionali e rispondere con una gestione politica commissariale forte. Sicuramente la presenza di questi nuovi interlocutori politici prevalenti come le Regioni sta facendo perdere alla Protezione civile, in un certo senso, il controllo della seconda fase dell’emergenza in favore della gestione regionale. Ma i risultati non sono sempre dello stesso tipo, e lo stiamo vedendo nella consegna delle casette da parte delle quattro regioni rimaste coinvolte nel terremoto del centro Italia.

Se le chiedessero di indicare una soluzione, cosa proporrebbe?

Mentre la prima fase dell’emergenza è stata governata perfettamente a livello centrale dal Dipartimento, per la gestione della seconda fase dell’emergenza, pur non escludendo le regioni, si dovrebbero coinvolgere sotto una guida unica perchè è la fase più complessa e lunga da gestire. Io mi auguro che nel prossimo governo si torni immaginare una guida politica alla presidenza del Consiglio destinata alla Protezione civile, per darle una forte autorità politica.

Passiamo alla nuova legge sulla Protezione civile: in che direzione va il nuovo testo?

Mi auguro che si vada nella direzione del coordinamento, anche se stiamo aspettando i decreti attuativi. Al momento sono rimasto perplesso su un aspetto legato al soccorso tecnico urgente, che è competenza dei Vigili del Fuoco, certamente. Ma quando la legge aggiunge che “si raccordano anche con le altre componenti”, la cosa non mi convince in quanto il coordinamento nella prima fase dell’emergenza tipicamente è compito della Protezione civile. Il rischio è che si inneschi nuovamente la tendenza ad amministrare per tipo di amministrazione e non per funzione, depotenziando ulteriormente la Protezione civile.

Lei auspica di andare verso il coordinamento ma un altro esempio che indica una direzione diversa è il passaggio, dopo i Canadair, della Direzione antincendio boschivo dal DPC ai Vigili del Fuoco: cosa sta succedendo secondo lei?

In passato ai Vigili del Fuoco erano stati dati solo gli incendi d’interfaccia, mentre questa era stata sempre competenza del Corpo Forestale coordinato dal Dipartimento. Con il COAU era nato uno strumento che forniva non solo gli aerei ma anche il soccorso: fondai il Centro Unificato dopo l’episodio di un bambino che era caduto in un crepaccio e morì in Abruzzo, poichè dalla zona furono chiamati i carabinieri elicotteristi di Pratica di Mare che però non avevano in dotazione il verricello e non poterono operare per salvarlo. Gli ufficiali locali dei Carabinieri che chiamarono i primi elicotteri non lo sapevano, nè sapevano che a Rimini gli elicotteri del soccorso dell’Aeronautica militare avevano tutta la dotazione necessaria: così creai un centro di coordinamento che potesse indicare precisamente l’elicottero più vicino dotato degli strumenti adatti a intervenire efficacemente. Quindi applicammo il modello del centro unificato anche agli incendi boschivi che venne coordinato dalla Protezione civile. Aver dato la gestione degli incendi boschivi ai Vigili del Fuoco non ha risolto i problemi, anche perchè i Vigili non hanno loro piloti. Credo che questo sia l’esempio di come a volte gli assetti cambiano senza che si sia compresa fino in fondo la ragione di certe scelte fatte in passato.

Un altro aspetto contraddittorio è quello dei DOS, cioè i direttori delle operazioni di spegnimento, figure che ora si ritroveranno sia nei Vigili del Fuoco sia nei nuovi Carabinieri forestali.

Infatti erano nel Corpo Forestale. Se lei va a vedere nella storia del volontariato di Protezione civile il primo volontariato che si è sviluppato è proprio quello per l’antincendio boschivo. Perchè i Forestali, che sono specialisti ma avevano pochi uomini, non avevano la forza di intervenire capillarmente sugli incendi boschivi e allora furono loro stessi a proporre un volontariato che si affiancasse a loro nello spegnimento degli incendi. Al contrario i Vigili del Fuoco hanno sempre fatto diversamente, operando sostanzialmente da soli come corpo professionale. In realtà in molte piccole realtà i gruppi comunali fanno quello che altrove è il ruolo dei Vigili del Fuoco volontari, come ad esempio in Alto Adige dove convivono volontari e professionisti. Queste razionalizzazioni stanno ridisegnando lo scenario, soprattutto pensando al rischio della perdita di competenze specifiche sulle foreste che sono preziose per tutto il sistema.

Il quadro non appare confortante quindi.

Il fatto è che siccome in passato la Protezione civile si era allargata troppo, arrivando fino a gestire i grandi eventi, i campionati di ciclismo e così via, da allora si tenta di contenerne i poteri: ma bisogna assolutamente evitare di arrivare a uno smembramento di fatto. E questo si può risolvere affiancando al Presidente del Consiglio una figura politica dedicata alla Protezione civile.

Cambiamo argomento: dopo anni di polemiche la commissione Grandi Rischi ancora non trova una sua identità precisa come organo tecnico. Perchè questa difficoltà?

Creai la commissione Grandi rischi per avere un punto di raccordo con la comunità scientifica ed evitare la confusione nelle comunicazioni sui vari argomenti. La CGR dovrebbe lavorare più per sezioni e riunirsi soprattutto per problemi interdisciplinari. Ma soprattutto oggi non ha più un punto di riferimento, perchè il presidente della CommisSione oggi è uno scienziato, mentre ieri era, ancora una volta, il ministro della Protezione civile che si assumeva la responsabilità, ed era quello che parlava ufficialmente al pubblico. E anche qui torniamo a bomba.

Infatti il problema della comunicazione dei rischi è stato tanto centrale che una sentenza della Cassazione ha individuato un nesso tra il “comportamento dell’autorità pubblica e le scelte adottate dalla popolazione”. Sembra ovvio in teoria, ma nella realtà errori in questo campo sono stati fonte di polemiche e financo di processi come quello dell’Aquila.

Chi parlò in quel caso non era una autorità politica e questo creò nell’opinione pubblica il caos. La commissione Grandi rischi resta quindi una struttura importantissima, ma altrettanto importante è organizzare bene il rapporto con l’opinione pubblica e con le strutture di Protezione civile.

Fascicolo di Fabbricato: perchè non si riesce ad arrivare all’obiettivo?

Non ci sono mai riuscito neanche io. Il nodo è nella contrarietà della proprietà edilizia, questo si sa. Ma in un paese sismico come l’Italia, è fondamentale sapere chi è stato il progettista, i dati sulla costruzione e sulla manutenzione per conoscere la storia del fabbricato e la sicurezza del cittadino, oltre che le valutazioni della vulnerabilità dopo un evento sismico. Un paese serio e soprattutto un paese sismico deve approvare una norma sul fascicolo di fabbricato.

Lei ha espresso sensibilità anche per un altro tema legato alla prevenzione come il rischio incendi negli ospedali, partecipando recentemente a un convegno a Roma sulla prima “Fire School Hospital”: cosa ne pensa?

Chi sta in un ospedale non ha per definizione la capacità di sfuggire al rischio incendi. Quindi l’attenzione alla sicurezza antincendio in ospedale è la massima garanzia che possiamo dare agli ammalati. Certo parlando di prevenzione bisogna sempre puntare ai modelli di comportamento, ma nel caso del malato la sicurezza della persona non può contemplare alcuni modelli di comportamento generali. Il modello della Fire School Hospital va replicato in tutta Italia perchè permette di dare la massima garanzia ai pazienti nella sicurezza antincendio. Parlo non solo degli ospedali ma anche di tutte le strutture come le case per anziani o dove ci sono persone con scarsa mobilità.

di Francesco Unali

Intervista pubblicata su “La protezione civile italiana” n. 6 di Luglio-Agosto 2017

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