Fabrizio Pregliasco: il contributo di Anpas al welfare di domani

Intervista al presidente delle Pubbliche Assistenze, nate nel 1860 e oggi diffuse in tutta Italia

Fabrizio Pregliasco: il contributo di Anpas al welfare di domani

“Fortunatamente non siamo più ai tempi delle vecchie cinquecento che portavano i parenti al pronto soccorso sventolando i fazzoletti bianchi a clacson spiegati”. Esordisce con questa immagine il presidente Nazionale di Anpas Fabrizio Pregliasco che, facendo il punto sulle prospettive dell’associazione che guida dal 2013 spiega come l’assistenza sanitaria abbia fatto grandi passi in avanti.

LA TRADIZIONE E IL PRESENTE

“Cento anni fa come oggi la missione principale di Anpas e delle sue associazioni è sempre stata quella di fornire servizi nell’ambito della mobilità socio-sanitaria, insieme all’emergenza-urgenza. Oggi però non ci sono risorse a sufficienza per soddisfare tutti i bisogni. E il rischio è che in quegli spazi si inseriscano organizzazioni che di volontariato non sono”.

La riforma del Terzo settore è arrivata, ora andrà messa alla prova: cosa c’è ancora da fare sul fronte dei regolamenti attuativi?
“Le novità positive introdotte vanno messe a sistema con il completamento dei decreti. Penso in particolare al correttivo della 117 alla riforma e soprattutto ad alcuni decreti ministeriali applicativi, in particolare all’articolo 6. Importanti anche alcuni aspetti come l’attuazione del registro unico e altri che si intersecano con la riforma della Protezione civile. Chiediamo che si arrivi presto a una conclusione per avere un quadro completo e chiaro”.

Cosa ha significato per voi il combinato delle due leggi?
“Le normative hanno preso atto dell’esistenza e del ruolo oggettivo delle reti: lo Stato dice alle realtà associative di fare rete e di sostenersi tra loro, cosa che siamo già e facciamo da sempre. Questo è di fatto un riconoscimento del nostro modo di essere corpo intermedio e facilita il modo di lavorare delle nostre associazioni sul territorio.

Come si fa a tenere insieme la complessità di una grande organizzazione come Anpas con la vitalità che può nascere solo dalle associazioni radicate nel territorio, mantenendo quel senso di appartenenza che viene dal basso?
“Le attività quotidiane, come quelle di protezione civile, creano coesione e attirano nuovi volontari. Il nodo per noi è avere una presenza nel tempo dei volontari, oltre a un ricambio, per avere sempre persone preparate. Misurando l’impatto sociale potremmo dire effettivamente cosa abbiamo fatto, e in questo modo possiamo rafforzare la coesione interna e al tempo stesso attirare nuovi volontari”.

IL FUTURO DI ANPAS

Come guardate ai prossimi anni, quali opportunità e sfide da cogliere?
Noi vorremmo arrivare a realizzare un bilancio sociale consolidato ai vari livelli, dal nazionale al locale che mostri efficacemente l’impatto del nostro lavoro sui territori e sul Paese. Crediamo che la nostra disponibilità sia un’opportunità che il sistema socio-sanitario può cogliere per mantenere un welfare che arriva dove lo Stato non riesce ad arrivare, e siamo convinti che il bilancio sociale possa metterlo in evidenza anche alle istituzioni. Da questo punto di vista continuiamo a credere nella formazione dei nostri operatori per offrire volontari sempre più preparati a gestire i servizi sanitari come le emergenze di protezione civile. Sul fronte sanitario puntiamo a mantenere e ampliare il tema delle convenzioni per continuare nella massima trasparenza e professionalità a offrire un volontariato organizzato di qualità. Nonostante i costi crescenti del sistema socio-sanitario Anpas vuole esserci, con il valore del nostro essere parte del Terzo settore: una realtà fatta di volontari ma che può, con le sue competenze, generare realtà di impresa sociale sostenibili che possono rafforzare il sistema e guardare lontano nel futuro.

Francesco Unali

Pubblicato sul quaderno n.10 allegato a “La Protezione civile italiana” n.6-2018 luglio-agosto

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