La maestra elementare Silvia Frezza combatte dal 2009 per riallacciare i nodi di una comunità distrutta dal sisma. La scuola come termometro dei bisogni, la lotta per farlo capire alle istituzioni. La ho intervistata per dare voce a lei e ai bisogni del suo territorio.
![Un Musp nella zona dell'Aquila](http://www.fattorerischio.it/wp-content/uploads/2022/01/foto-oltre-il-musp-1024x614.jpg)
La partecipazione delle popolazioni locali come metodo per accelerare la definizione dei bisogni e indicare al decisore politico come stimolare efficacemente il cambiamento nei luoghi vittime di una calamità naturale. Ma anche il termometro del modo in cui un territorio possa attivarsi anche in assenza di un intervento dello Stato. E’ il caso della scuola di Sassa, frazione dell’Aquila. Qui Silvia Frezza, insieme a molte altre maestre della scuola “Gianni Rodari”, è una delle anime della commissione “Oltre il Musp” nata nel maggio 2011 per promuovere la ricostruzione della scuola. Nei lunghi anni di impegno la commissione ha realizzato un documento sulle criticità strutturali dei due M.U.S.P, i “Moduli ad Uso Scolastico Provvisori”, divenuti poi l’unica certezza per continuare a fare scuola, e ha realizzato un masterplan per una nuova scuola che, seppur finanziata, non è stata ancora nemmeno iniziata.
“In questi anni a L’Aquila la comunità ha retto grazie alla presenza delle scuole – racconta Silvia – La scuola, con tutte le sue componenti, ha impedito nel post sisma lo sfilacciarsi delle reti relazionali intergenerazionali – racconta Silvia – Per questo riteniamo che la ricostruzione degli edifici scolastici sia cruciale: la scuola è il luogo della ripartenza e i nostri studenti e studentesse devono poter accedere a edifici sicuri per davvero”.
Silvia e gli altri docenti e genitori coinvolti capirono sin da subito il ruolo della scuola come fattore trasversale di ricostruzione dell’identità territoriale. Subito dopo il terremoto grazie a quattro tendoni forniti dal Miur le docenti accolsero 524 studenti dai 3 ai 19 anni in aperti senza tendopoli, senza controlli, mentre i 36 Musp venivano costruiti. Superata la prima emergenza si attivarono per una “ricostruzione partecipata” affermando un modello di scuola luogo di aggregazione e sperimentazione da un lato e di apertura al territorio e cittadinanza attiva dall’altro. Nell’autunno del 2009 erano già a disposizione 18 milioni di euro che avrebbero permesso la costruzione di 3-4 scuole di medie dimensioni, ma i cantieri non partirono. Oggi i milioni sono diventati 45 ma è stata aperta finora una sola scuola e un’altra potrebbe aprire a breve nel quartiere di Pettino. Ma la maggior parte degli studenti resta nei 36 Musp, tutti ancora attivi.
“Purtroppo dopo dodici anni non vediamo risultati concreti – continua Silvia – Un impulso importante è arrivato con la visita nel 2019 del presidente Mattarella e insieme ad ActionAid abbiamo portato avanti campagne di sensibilizzazione sociale e progetti didattici – spiega – ma sui nostri progetti e il masterplan non abbiamo avuto finora risposte né dalle istituzioni locali né dal governo, nonostante i soldi ci siano”. Dopo quasi dodici anni quei “moduli provvisori” sono ancora lì, nonostante le promesse. Gli alunni di quel 2009 sono diventati grandi, persone con senso civico e di appartenenza per la loro terra. Le loro maestre, dodici anni dopo, continuano a combattere per la costruzione delle scuole nella consapevolezza di aver mantenuto vivo e reso più consapevole il loro territorio.
Pubblicato in “La protezione civile italiana n.9-2020
COMMENTS