Questa è forse l’ultima intervista di Fabrizio Curcio da responsabile del Dipartimento Casa Italia. Pochi giorni dopo la sua pubblicazione, il presidente del Consiglio Mario Draghi lo ha nominato Capo della Protezione civile.
Coordinare la ricostruzione post terremoto costruendo per la prima volta procedure omogenee di
pianificazione nazionale che diano certezze ai territori chiamati a gestire le complesse fasi del dopo
emergenza. In questa missione c’è il percorso intrapreso dal Dipartimento Casa Italia guidato da Fabrizio
Curcio, ex Capo della Protezione Civile ed ex vigile del fuoco a lungo impegnato nella gestione delle più
grandi emergenze in Italia e all’estero. Un obiettivo che significa anche costruire la cultura della
prevenzione.
Rilanciato con il decreto 123 del 2019, questo Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri ha
imboccato decisamente la direzione del coordinamento degli indirizzi agli enti e alle amministrazioni che
si occupano della ricostruzione a valle degli eventi di Protezione civile. E dopo un anno di riorganizzazione
si sta incamminando nella direzione di dare al Paese un quadro di regole certe in un ambito al momento
sprovvisto.
Oggi infatti in Italia al termine delle attività poste in essere dal Sistema di Protezione Civile non segue
ancora un’individuazione “automatica” dei soggetti e delle funzioni deputate a gestire la fase della
ricostruzione. Il percorso intrapreso da Casa Italia nell’ultimo anno punta a creare un sistema “cugino” della
Protezione civile dedicato, in grado di fornire al territorio strumenti e regole condivisi, funzionanti e
adattabili localmente.
“Le attività del dipartimento casa Italia si pongono in piena continuità con il sistema di Protezione civile–
spiega Fabrizio Curcio – Sappiamo storicamente che quando il sistema di Protezione civile termina le proprie
attività non riesce a individuare facilmente il soggetto al quale trasferire i risultati del proprio lavoro. Ogni
volta sono sorte strutture diverse creando quadri regolatori sempre simili ma diversi tra loro. Noi stiamo
cercando di dare continuità al “dopo emergenza”, anche perché una volta conclusa quella fase la
popolazione resta sul posto, così come gli amministratori locali e persino i volontari di Protezione civile:
tutte figure che devono poter contare su un punto di riferimento ben organizzato anche per il lungo tempo
della ricostruzione”.
Dunque qual è il progetto di Casa Italia?
“Noi vogliamo creare un sistema che regolarizzi questo percorso, così come oggi il sistema dell’emergenza
ha delle regole chiare, anche la ricostruzione dovrà averle. E noi vogliamo costruire questo percorso insieme
ai territori”.
Come lo immaginate?
“Pensiamo a un grande spazio di confronto con le Regioni, sia quelle che si sono già poste davanti alle
tematiche della ricostruzione, sia quelle che ancora non se ne sono dovute occupare (almeno nei tempi
recenti). Pianificare la ricostruzione significa che ogni Regione deve iniziare oggi a ragionare su quale
strumento ritiene migliore per compiere determinate azioni che la fase successiva all’emergenza richiede”.
In pratica cosa puntate a fare?
Cito solo alcuni esempi: il Dipartimento Casa Italia può indicare alle Regioni quali sono i principali problemi
che si troveranno ad affrontare ed omogeneizzare una serie di procedure, penso ad esempio ai sistemi di
monitoraggio della ricostruzione pubblica su cui stiamo lavorando insieme al Ministero dell’economia e finanze. Altro esempio riguarda le macerie: non esiste un sisma senza gestione delle macerie, e non si può
ogni volta ricominciare tutto da capo perché non esiste uno strumento nazionale per la gestione delle
macerie nella fase di ricostruzione. Credo che il Paese sia maturo per affrontare temi del genere e possedere
finalmente strumenti unificati in grado di affrontare il tema ricostruzioni secondo le diverse situazioni
consentendo al territorio di organizzarsi prima.
Da dove avete iniziato?
“Innanzitutto dalla nostra stessa riorganizzazione. Il Decreto 123 del 2019 ci ha dato dei compiti precisi e
oggi siamo in grado di avviare un percorso di idee che coinvolga tutti i soggetti interessati. A settembre
scorso con la presentazione della “Carta delle ricostruzioni” abbiamo posto per la prima volta gli enunciati
indispensabili per fissare una cornice entro la quale ragionare. Credo sia importante partire da azioni come
queste perché solo con un percorso progressivo potremo arrivare al risultato. Poi verranno le linee guida
nazionali e via via quegli atti che possano portare a una normativa nazionale sul tema. Ma la strada è
lunga: il prossimo passo sarà l’avvio di tavoli formali con le Regioni”.
Si tratta anche di creare cultura amministrativa in questo campo?
“Certamente. Partire da una base giuridica è essenziale e serve proprio a far entrare questi temi con
regolarità nella agenda dei vari soggetti istituzionali, in modo da far sì che il tema delle ricostruzioni sia
assorbito e quindi assunto dai territori con convinzione. Perché se è vero che i fondi arrivano dal governo,
sono Regioni e comuni che poi devono far funzionare la macchina. E come farla “girare” dipenderà da
regole condivise e da una visione ampia che sappia collegare le ricostruzioni all’idea complessiva di sviluppo
futuro di quell’area”.
Come pensate di arrivare a creare questo nuovo “sistema”?
Noi utilizzeremo lo stesso metodo del confronto, delle competenze e delle funzioni che ha reso autorevole
negli anni la nostra Protezione civile. Un metodo che faccia incontrare le competenze del territorio con
quelle nazionali. Vogliamo condividere le conoscenze per costruire una base tecnica solida a partire dalla
quale scrivere le regole. Tutti i nostri interlocutori oggi hanno una grandissima voglia di omogeneizzazione e
coordinamento delle norme.
Davvero?
Sì, perché ormai è comune la consapevolezza che iniziare una strada da soli vuol dire rischiare di non sapere
dove arriverai. L’obiettivo generale non è quasi mai qualcosa che si può gestire da soli, né a livello locale né
come Regione. Viviamo in una società così interconnessa che il confronto tra esperienze è ormai inevitabile
e il rischio di sbagliare è enorme. Il confronto sulla creazione delle regole va ovviamente gestito a tutti i
livelli e la discussione potrà pure allungarsi, ma siamo certi che alla fine il risultato arriverà e sarà condiviso
con i nostri interlocutori, sia a livello istituzionale, sia a livello del mondo produttivo e sociale.
Quale risultato concreto vede alla fine di questo processo?
Oggi Il governo, di fronte a un’emergenza, dialoga con il dipartimento di Protezione Civile attraverso
automatismi consolidatisi nel tempo. Sul fronte delle emergenze l’Italia ha raggiunto un’efficienza nota in
tutto il mondo. Sul tema della ricostruzione questa situazione oggi non c’è: stiamo lavorando per dar vita a
una realtà tecnica nazionale che possa interfacciarsi direttamente con il Governo e sappia dialogare con le
realtà colpite. A questa struttura il Governo potrà chiedere cosa fare in ogni caso specifico e poi avviare i
processi sul territorio.
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