Fabio Dattilo, una vita nei Vigili del Fuoco

Fabio Dattilo, una vita nei Vigili del Fuoco

Partiamo dal suo percorso professionale.

Sono entrato nel 1983 da ingegnere con un concorso pubblico per “Ispettore antincendi” che tentai e vinsi durante il servizio militare. Arrivai secondo e fui subito inviato a Padova, la città in cui mi ero laureato. Lì cominciai ad appassionarmi al soccorso tecnico e alla prevenzione incendi. All’epoca la Protezione civile di Padova si addestrava all’interno del comando: ciò fu importante per conoscere il mondo del volontariato che a quel tempo apprendeva le tecniche fondamentali sul montaggio delle tende, gli interventi in caso di terremoti e sui piccoli incendi. Fino al 1996 fui vicecomandante a Padova per poi andare a Rovigo come Comandante.

Cosa ricorda di quegli anni?

In quel periodo vi fu la mancata alluvione del Po: in quelle circostanze coordinai la colonna mobile del Veneto fino a che il fiume si sgonfiò. Ricordo che insieme alle Ferrovie e a Franco Barberi, al confine tra le province di Rovigo e Ferrara, innalzammo il ponte a Occhiobello in un’operazione piuttosto complicata eseguita sotto la nostra supervisione dal genio ferrovieri. Successivamente fui nominato comandante a Vicenza, a Padova e a Venezia dove mi occupai a lungo di tematiche di protezione civile.

Cosa ha fatto in quel periodo?

Chiusi l’accordo con Prefettura, Provincia e Regione per la realizzazione di una sala operativa unica: era il 2006 e arrivammo molto prima dell’attuale numero unico europeo, unendo già da allora il 118 al 115 e le sale operative di Protezione civile della Prefettura e della Provincia. Creammo un centro unico in grado di coordinare le operazioni nella provincia di Venezia e le colonne mobili in arrivo sul territorio veneziano da tutta la regione. Nel 2009, in occasione del terremoto dell’Aquila, fui chiamato a gestire il G8 per sei mesi dopodiché divenni dirigente generale alla Prevenzione e ai servizi tecnici fino al 2014.

E’ iniziato allora il suo lavoro sul codice della prevenzione incendi?

Sì, iniziò da lì un lungo percorso di semplificazione delle norme di prevenzione con l’introduzione della Scia nei procedimenti che si è concluso con il DPR 151del 2011 e successivamente con la scrittura del codice di prevenzione incendi che sarà poi approvato nel 2015. Da direttore del Veneto ho potuto gestire il dopo tempesta Vaia coordinando i soccorsi insieme al presidente della Regione, a quello della provincia e al Prefetto di Belluno con un lavoro di gruppo che ci ha portato a effettuare un’impegnativa campagna di soccorsi in uno scenario inedito nel quale erano stati abbattuti 40mila campi di calcio di boschi da venti forti oltre 120 km l’ora.

Alla fine del 2018 arriva la sua nomina a Capo del Corpo.

In questi anni crediamo di aver dato un forte impulso al settore del soccorso urgente, prima con il varo del nuovo Codice di Protezione civile e quindi con le prossime linee guida sulla stesura dei piani comunali di emergenza di Protezione civile, in un rapporto di rispetto reciproco con il Dipartimento e in una complementarietà che speriamo serva alla crescita dell’intero sistema. In questo senso stiamo immaginando una piattaforma unica nazionale di formazione sulle tematiche dei rischi e del soccorso coordinata dal Dipartimento di Protezione civile. E abbiamo lavorato per avere nella prossima legge sulla semplificazione un’ulteriore semplificazione della Scia, già prevista dal 2011, senza rinviare a decreti attuativi che a volte richiedono anni per essere scritti ed entrare effettivamente in vigore.

Una delle problematiche più sentite nell’AIB è stata la collaborazione tra PC e VVFF, specialmente dopo la soppressione del Corpo Forestale. Come è stata gestita la questione dei DOS?

Lo spegnimento degli incendi boschivi, come è noto, è materia concorrente e vede protagoniste soprattutto le Regioni. Il Corpo dei VVFF si è trovato spesso a sopperire in questo campo alle mancanze di alcune regioni. A mio parere il tema oggi non è tanto stabilire le modalità della collaborazione, semmai è ricreare un perimetro di competenze chiaro tra Regioni e Stato, stabilendo i confini tra incendi di bosco e incendi di prossimità, poiché gli incendi di interfaccia sono il 90 per cento e lo spegnimento di questi ultimi andrebbe attribuito in toto ai VV.F lasciando tutte le altre tipologie alle Regioni. Credo che sia ora di rimettersi intorno a un tavolo per definire chiaramente i ruoli senza pregiudizi.

Il Codice di protezione civile rimette fortemente i VV.F. al centro del sistema di Protezione civile. Secondo lei cosa servirebbe per rendere concrete certe parole?

Il nostro ruolo nel sistema di Protezione civile è strettamente legato alla specializzazione nel soccorso urgente. La nostra azione è in stretta collaborazione con il mondo del volontariato di Protezione civile e le altre strutture operative del sistema. Per declinare correttamente questo ruolo dobbiamo attuare compiutamente l’articolo 18 del Codice che prevede la stesura dei piani di emergenza comunali, regionali e nazionali, dove ogni rischio viene affrontato secondo precise procedure. In questo senso vediamo all’orizzonte l’avvio di una nuova stagione, segnata dall’approvazione delle linee guida per la stesura dei piani comunali di Protezione civile.

Nella pandemia da Covid-19 che viviamo da ormai un anno e mezzo come sono stati utilizzate le competenze dei Vigili del fuoco in campo NBCR?

Il rischio biologico derivante dal nuovo Coronavirus è un rischio biologico a sé al quale nessuno poteva dirsi veramente preparato. Come VV.F. abbiamo lavorato molto insegnando ai sanitari le tecniche di bonifica delle ambulanze, o all’inizio dell’emergenza, la separazione negli ospedali tra aree pulite e sporche e nella bonifica di piazze, ospedali, chiese e altri spazi pubblici. Sul nostro sito internet si trovano tutte le istruzioni per continuare a effettuare in sicurezza gli interventi di soccorso da parte dei nostri operatori. Tra le tante esperienze messe in campo segnalo che abbiamo dotato le nostre sale operative di un sistema georeferenziato in grado di mostrare sul territorio, in maniera del tutto anonima, la presenza di cittadini positivi attraverso i dati forniti dalle sale operative del 118. Abbiamo condiviso questo sistema informativo con le altre forze dell’ordine per poter operare in piena sicurezza. Da ultimo vorrei ricordare la nostra disponibilità a mettere a disposizione gli spazi delle nostre caserme come possibili centri vaccinali.

Lei è da due anni e mezzo a Capo del Corpo. Quale prospettiva vede al termine del suo mandato?

Credo che l’unica prospettiva realistica sia quella di mettere a sistema le attività avviate in questi anni: dal potenziamento del personale, alla migliore formazione, alla modernizzazione delle tecniche di spegnimento fino al rinnovamento delle caserme in ottica “green”, al potenziamento e rinnovo del parco mezzi e alla strategia per la riduzione dell’età media dei membri del Corpo. Credo che i tempi siano maturi per mettere a frutto la strategia di rinnovamento che abbiamo avviato in questi ultimi anni.

(Pubblicato su “La Protezione civile italiana” n.4/2021)

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