La prevenzione del dissesto idrogeologico è una priorità del paese. Una novità è che il tema interessa anche alle grandi aziende che gestiscono le infrastrutture del Paese. I soldi per avviare i primi interventi ci sono e le informazioni per stabilire le priorità già esistono, in tutto o in parte, all’interno delle reti e degli strumenti (telecamere, sensori, satelliti ecc) che monitorano infrastrutture e territorio. Inoltre, a breve un fortissimo contributo in termini di informazioni arriverà dall’esplosione sul mercato dell’ “Internet of things”, stimata in 25-50 miliardi di apparati “intelligenti” entro il 2020. Dunque aziende come Ferrovie, Anas, Terna, Enel e molte altre puntano a collaborare con la Protezione civile nazionale e gli altri enti pubblici deputati alla gestione delle emergenze per ricucire le ferite del territorio dissestato con interventi concreti.
E’ questo il senso del secondo Forum organizzato da Cesi sul dissesto idrogeologico a Roma lo scorso 26 maggio nei locali dell’Associazione Civita sul tema “Le infrastrutture possono essere il telaio diagnostico per monitorare il nostro territorio?”. I vertici delle più grandi società che si occupano di infrastrutture (Anas, Terna, Autostrade, Enel e non solo), le istituzioni (Governo, Protezione Civile, Ispra, ministeri) e le imprese di servizi e utilities hanno quindi fatto il punto per il secondo anno indicando la via per una azione più incisiva contro il dissesto idrogeologico.
Oggi, per “rimettere in sesto” il Paese servirebbero opere per almeno 25 miliardi di euro divise in 8500 progetti di messa in sicurezza e prevenzione, come richiesto dalle Regioni al governo. I fondi ad oggi disponibili e non utilizzati sono cospicui se si pensa che nelle pieghe dei bilanci la struttura di missione del governo ha individuato ben 2 miliardi e 700 milioni di euro destinati a prevenire frane e alluvioni e che nel percorso di progettazione degli ultimi due anni ha messo in piedi oltre 1.500 interventi per 2 miliardi e 100 milioni di euro. E’ il segnale di un risveglio che va però organizzato secondo un rigido schema di priorità, nel quale le informazioni possedute dalle reti elettriche, autostradali, ferroviare e non solo sparse sul territorio possono dare un contributo fondamentale. Già oggi esistono progetti di monitoraggio che riguardano singole reti su territori specifici, come quello gestito da Enea con Acea e Roma capitale, ma spesso le informazioni rimangono all’interno delle aziende e non sono condivise nè livello istituzionale centrale nè tra aziende. Le tecnologie invece sono pronte, e le aziende stesse interessate a mettere a disposizione i dati e a partecipare in prima persona ai progetti.
L’amministratore delegato di Cesi Matteo Codazzi ha ricordato che la sua azienda, leader nell’ingegneria e nella consulenza, si occupa già da tempo di monitoraggio del territorio con la gestione della Sirf, la rete fulmini che registra ogni anno 3 milioni di eventi o produce servizi come il monitoraggio di neve e valanghe per Meteomont con una rete di 920 sensori su tutto l’arco alpino e insieme alla Regione Val D’Aosta per il monitoraggio delle frane, per non parlare di un capillare lavoro su alcuni dei principali monumenti nazionali.
L’impegno delle altre grandi aziende presenti al Forum Cesi sul fronte del monitoraggio e dell’internet of things è emerso nel corso delle due tavole rotonde: realtà come Enel distribuzione hanno ricordato la loro partecipazione a iniziative come la costruzione (con il Dipartimento nazionale della Protezione civile) della Rete Accelerometrica Nazionale, una struttura di monitoraggio per registrare la risposta del territorio italiano al terremoto in termini di accelerazioni del suolo, per il monitoraggio del rischio idrogeologico, sismico e incendi boschivi in Sicilia e per la resilienza della rete elettrica di distribuzione.
Ad esempio Ferrovie, che riscontra nelle frane il primo pericolo alla sua attivita, ha sviluppato un sistema di rilevamento sulle aree più sensibili della rete ferroviaria nazionale e punta sulla crescita dei sistemi di monitoaggio basati su fibre ottiche, telecamere, sensori elettrici e soprattutto sui dati offerti dai rilievi satellitari.
Anas ha ricordato nel suo intervento le sue collaborazioni con altri enti dello Stato come la convenzione con ISPRA per lo scambio dati sui fenomeni di dissesto idrogeologico della rete stradale; l’attività di ricerca sulla vulnerabilità idrogeologica della rete Anas in prossimità delle opere d’arte e la convenzione con dipartimento di ingegneria civile dell’università La Sapienza di Roma.
Alla tavola rotonda hanno partecipato il Presidente dell’Anas Gianni Vittorio Armani, Pier Francesco Zanuzzi (Ad Terna Rete Italia), Maurizio Gentile (Ad Rete Ferroviaria Italiana), Gianluigi Fioriti (Ad Enel Distribuzione), Maria Margherita Migliaccio (Direttore Generale per lo Sviluppo del Territorio, Programmazione e Progetti Internazionali del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e Mauro Grassi, (Direttore della Struttura di Missione contro il Dissesto Idrogeologico). Sono intervenuti tra gli altri, anche il Presidente di Meteo France Predict Services, Alix Roumagnac, Bernardo De Bernardinis, Presidente dell’Ispra e Mauro D’Ascenzi, Vicepresidente di Utilitalia.
Francesco Unali (Articolo pubblicato su “La Protezione civile italiana” n.4 maggio 2016)
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